Storia
UNA LUNGA E AFFASCINANTE STORIA

La collocazione della fonte e difficoltà logistiche non rendevano tuttavia possibile utilizzo delle acque nel 1800. Infatti la carrozzabile da Piedimulera a Vanzone fu costruita solo nel 1848 e completata sino a Macugnaga nel 1920.

Il 6 marzo 1909, posta in liquidazione la Società nata tre anni prima, si costituì a Milano la "Società Anonima Miniere e Acque Arsenicali", che modificò gli obiettivi aziendali della precedente, puntando anche alla realizzazione delle terme arsenicali di Stresa, dove l'acqua di Vanzone doveva giungere fino all'area termale in riva al lago, secondo i visionari progetti dell'epoca, con una tubazione di oltre 40 chilometri...

L’attività della Società proprietaria non fu purtroppo duratura: il conflitto mondiale portava al suo scioglimento e al decadimento della concessione. Nel 1916, come testimoniano Vinaj e Pinali (1916-1923), la costruzione di una clinica restava un progetto e le cure venivano effettuate presso l’Albergo Regina di Vanzone, dove l’acqua veniva portata inizialmente a spalla soprattutto da donne, in seguito con una teleferica in contenitori di vetro e legno, dalle miniere fino in paese. Le difficoltà insite al trasporto delle acque, fortemente aggressive per le condutture metalliche e altri elementi di carattere economico, impedirono la concretizzazione del progetto di costruzione di una vera e propria casa di cura. Negli anni successivi, nonostante alcune sporadiche iniziative volte a promuovere l’utilizzo delle acque, niente di veramente rilevante accadde, così che il De Maurizi (1931), nella sua importante “Guida dell’Ossola” lamenta il loro completo abbandono. Intanto la concessione per lo sfruttamento delle miniere e delle acque di Vanzone con San Carlo passava a varie società che si susseguivano con alterne fortune.

E’ dello stesso anno una sperimentazione clinica curata dal Prof. P. Introzzi, direttore dell’Istituto di Clinica Medica dell’Università di Pavia e tossicologica curata dal Prof. Maria Venturi, direttore dell’Istituto di Farmacologia dell’Università di Camerino.
Per la sperimentazione clinica fu usato un trattamento per via orale con acqua arsenicale ferruginosa di Vanzone alla dose di un cucchiaino da tavola diluito in un bicchiere di acqua di fonte tre volte al dì, per la durata complessiva di 16 giorni per la cura delle anemie ipocromiche di differente gravità e agente eziologico. E’ evidente l’intento di utilizzare l’azione favorevole esercitata dal ferro e dall’arsenico sul ricambio emoglobinico e sulla crasi ematica. I risultati clinici ottenuti sono sempre stati positivi con incremento del tasso eritrocitario ed emoglobinico nonché dei valori della sideremia e della transferrinemia.
Le analisi tossicologiche furono volte a verificare i danni da arsenico potenzialmente possibili in un’acqua così ricca di tale metallo. A tale scopo il Prof. Venturi condusse uno studio su cavie. I risultati sperimentali dimostrarono che gli animali potevano tollerare l’ingestione di grandi quantità di acqua senza modificazioni del comportamento, dell’appetito né apprezzabili alterazioni istologiche epatiche. Questa esperienza ha dimostrato la grande maneggevolezza dell’acqua se utilizzata come farmaco. Nello stesso periodo anche presso il Laboratorio Sanità Pubblica di Novara furono condotte ricerche con risultati sovrapponibili.
Ottemperato a quanto richiesto dalle leggi vigenti, la “S.p.A. Terme del Monte Rosa” avanzava alle competenti autorità la richiesta della nuova concessione ministeriale delle acque di Vanzone. Purtroppo sia per motivi economici che per difficoltà tecniche di incanalamento e adduzione delle acque, non si ebbe mai un utilizzo ai fini terapeutici.

Il 18 giugno 1981 è indetta dalla Regione una riunione a Domodossola per valutare la possibilità di sfruttamento delle sorgenti arsenicali dei Cani, nella quale si decide di dare avvio a una nuova campagna di analisi, curata dal Laboratorio di Sanità Pubblica di Novara; l’analisi risultante sarà di seguito considerata unitamente alle più recenti. Purtroppo questa campionatura viene effettuata solo sulle acque di accumulo, poiché nel frattempo alcune frane avevano ostruito in galleria l’accesso alla sorgente pura. Nel 1983 il Comune affidava all’Istituto Studi Alpini Italiani di Domodossola una nuova prospezione, con il compito di rendere nuovamente accessibili le sorgenti della miniera abbandonata. Il “Ribasso compressori” veniva nuovamente raggiunto, nonostante i ristagni d’acqua, i depositi di argilla e due ostruzioni di frana, successive all’abbandono delle miniere. I lavori di ricerca permettevano di individuare la sorgente e venivano inoltre eseguite nuove analisi chimiche, che evidenziavano la costanza negli anni delle proprietà chimiche delle acque.